ROMANZO “LA VENDETTA DEL DIAVOLO” DI JOE HILL. SPERLING&KUPFER, 2013
Recensione di Simone Bocci, per Satisfiction. 23/05/21
Hill racconta una storia dissacrata e dissacrante, dove sovverte completamente il canonico significato del bene e del male.
Ig Parrish, dopo una notte brava all’insegna di alcool ed eccessi, si risveglia con un bel paio di corna sulla fronte. Sarà una mera allucinazione partorita da una mente stanca e debole? Una conseguenza psicologica dovuta allo stress e al dolore provocato dalla misteriosa morte della sua amata Merrin? A quanto pare no. Perché quelle corna infernali sono più reali che mai. E, per aggiunta, gli conferiscono dei poteri. Sfrutterà tali capacità demoniache per trovare l’assassino della sua adorata Merrin, e ripulire la propria reputazione dall’opinione pubblica che lo ritiene l’unico colpevole di tale omicidio? Non vi basta che leggere il romanzo per scoprirlo.
L’autore descrive personaggi memorabili, ironici e grotteschi, coinvolgendoli in un vortice di situazioni tanto bizzarre quanto tragicomiche. Il romanzo non può essere considerato un vero e proprio horror, ma tende la mano a un genere originale e avanguardista che abbraccia ogni tipo di lettore. A mio avviso, Joe Hill – figlio del celeberrimo Re del brivido Stephen King – è uno degli scrittori contemporanei più validi in assoluto. Non a caso, infatti, il suo “La vendetta del Diavolo” è diventato materiale da celluloide per il film “HORNS” (che, tra l’altro, è anche il titolo in lingua originale del romanzo stesso), con nientemeno che il caro Daniel Radcliffe nei panni del protagonista.
Se il diavolo esiste davvero, allora lo conoscerete alla perfezione in questa storia che merita assolutamente di essere letta.
ROMANZO “I MISTERI DI WAYWARD PINES - VOL.1” DI BLAKE CROUCH. SPERLING&KUPFER, 2012
Recensione di Simone Bocci, per Satisfiction. 31/05/21
Wayward Pines è la classica cittadina calcata sul modello del sogno americano: villette deliziose, giardinetti impeccabili, staccionate bianche e vicini accoglienti. Una cittadina praticamente perfetta. Forse troppo perfetta.
A scoprirne gli oscuri misteri sarà l’agente dei servizi segreti Ethan Burke, mandato sul posto alla ricerca di due federali scomparsi.
A seguito di un brutto incidente, Ethan si risveglia nell’ospedale locale. E quello sarà solo l’inizio di una serie di inquietanti eventi che lo costringeranno a interrogarsi sulla natura della cittadina stessa… e degli abitanti che la popolano.
Quello che sembrava a tutti gli effetti un quadruccio idilliaco in stile soap opera anni Cinquanta, si trasformerà ben presto in un incubo a occhi aperti. Perché niente a Wayward Pines è veramente ciò che sembra.
Blake Crouch attinge inevitabilmente alla Madre di tutte le serie tv, Twin Peaks, per descrivere la sua iconica Wayward Pines – un luogo ameno ma ingannevole. Ma riesce egregiamente a rasentare l’originalità creando situazioni che intrappolano il lettore in una morsa di claustrofobica inquietudine. Il suo stile di scrittura rende il racconto fluido e di facile digestione. L’autore risulta talmente abile nella narrazione che quasi riesce a convincere chi legge di essere il protagonista della sua storia.
“I misteri di Wayward Pines – Vol.1” è un thriller geniale, di cui le pagine sono disseminate di indizi ricollegabili tra loro soltanto nel finale. Un finale che aprirà le porte a un mistero ancora più grande.
A mio parere, l’epilogo del romanzo in questione è uno dei cliffhanger meglio riusciti della narrazione globale.
Se avete sete di brivido, tensione e suspense, allora “I misteri di Wayward Pines – Vol.1” vi abbevererà più di qualsiasi altro frullato possiate trovare in commercio.
E se il vostro stomaco brontola dalla fame, allora divoratevi anche gli altri due volumi che vanno a comporre la trilogia per intero, e vedrete che ne uscirete più sazi che mai.
Se poi, infine, vi ritrovaste a soccombere a un impellente languorino notturno, è consigliabile completare l’opera con la visione della serie tv tratta dalla trilogia; che vanta un cast stellare – Matt Dillon, Carla Gugino, Toby Jones, giusto per citarne alcuni – e che prevede il celeberrimo M. Night Shyamalan come co-produttore esecutivo e regista del primo episodio.
Insomma, c’è poco altro da dire se non augurarvi buon appetito.
ROMANZO “BUONA APOCALISSE A TUTTI!” DI TERRY PRATCHETT E NEIL GAIMAN. MONDADORI, 2007
Recensione di Simone Bocci, per Satisfiction. 10/06/21
“Buona Apocalisse a tutti!” è un romanzo umoristico-fantastico-apocalittico, pubblicato nel 1990 in lingua originale, poi tradotto ed edito dalla Mondadori nel 2007. Si tratta di un lavoro a quattro mani… mani tutte britanniche che appartengono all’allora già rispettabile fumettista Neil Gaiman e al “padre” del “Mondo Disco” Terry Pratchett. I due principali responsabili dell’Armageddon che dovrebbe scatenarsi nel rocambolesco e divertentissimo viaggio raccontato nel romanzo in questione.
Perché il libro è di questo che parla: della fine del mondo. E quale coppia se non quella composta da un angelo educato e metodico di nome Azraphel, e Crowley, un demone scanzonato e casinista, avrebbe potuto rappresentare al meglio il duo di protagonisti di questa storia? L’uno rappresentante del Paradiso, l’altro messo dell’Inferno, i due soldati appartenenti alle fazioni per antonomasia più opposte del mondo si stringono in un’alleanza volta a evitare l’Apocalisse e a risparmiare l’umanità. Perché? Semplice, perché vivono da così tanto tempo sulla nostra Terra che il Giorno del Giudizio porrebbe fine anche al loro sfrenato divertimento, ai piaceri della vita che i due mascalzoni hanno imparato a gustarsi nel migliore dei modi, secolo dopo secolo.
Il loro piano è semplicissimo: trovare l’Anticristo e annientarlo prima che compia ciò per cui è giunto sulla Terra… anche se l’Anticristo di cui si parla è un bambino di undici anni soltanto e, tra l’altro, pure simpatico!
Tra fattucchiere, cacciatori di streghe, libri di profezie e diavoli arrabbiati, i due improbabili “partner” tenteranno di annullare il Piano Divino e, letteralmente, salvare il mondo dalla fine del mondo.
Gaiman e Pratchett uniscono le loro geniali virtù immaginative in questo gioiellino della narrativa, un’epopea di quasi quattrocento pagine che trasuda sprazzi di commedia, di satira e di comicità virgola per virgola.
Il sodalizio tra le penne dei due romanzieri risulta talmente efficace che si fa fatica a distinguere uno scrittore dall’altro; il tutto defluisce divinamente in uno stile piacevole, anzi, egregio, che cattura il lettore senza permettergli di riprendere fiato tra un paragrafo e l’altro.
Dunque, se il matrimonio narrativo tra i due Maestri in questione è un colpo vincente, allora quello tra Azraphel e Crowley lo è ancora di più; perché vi assicuro che una volta annidativisi nel cervello non vi dimenticherete più di questi due personaggi. Saranno quell’angioletto e quel diavoletto che si materializzeranno sulle vostre spalle quando vi ritroverete indecisi difronte a una tentazione.
ROMANZO “CARRIE” DI STEPHEN KING (1974). ED ITA SONZOGNO, 1997
Recensione di Simone Bocci, per Satisfiction. 17/06/21
Stephen King è una garanzia. Come regalare fiori a una donna. E di fiori, a una donna di nome Tabitha Jane Spruce, credo che lo zio Steve ne abbia regalati abbastanza. D’accordo, Tabitha è sua moglie dal lontano 1971, pertanto già solo questo basterebbe per rendere lapalissiana la mia illazione succitata; ma in pochi sanno che oltre a essere la sua consorte – nonché madre dei suoi tre figli Naomi, Joe e Owen – Tabitha è anche la ragione dell’esistenza di “Carrie”, il primo vero e proprio romanzo pubblicato da King, nel 1974.
L’autore stesso, infatti, ha più e più volte affermato che fu proprio sua moglie a incoraggiarlo a far visionare il manoscritto a una casa editrice, benché lui non fosse invece per niente convinto di quanto scritto, tanto da archiviare il tutto e cercare un’altra storia da raccontare. King credeva fermamente che nessuno potesse essere interessato alle vicende di Carrie, la protagonista del romanzo in questione, ovvero (ora cito:) “una poveretta afflitta da problemi mestruali”.
Ma Tabitha, a quanto pare, non la pensava affatto come suo marito Stephen. Né lei, né altri milioni di persone che hanno letto e adorato la storia della piccola Carrietta White.
Carrie è un’adolescente vittima della mania religiosa di sua madre Margaret. Questo è fondamentalmente il fulcro di tutto. Quella stessa madre delirante che crede sua figlia impossessata dal demonio e che rinchiude ore e ore nello sgabuzzino come punizione, per farle espiare i suoi peccati, costringendola a chiedere perdono; “peccati” come dire una parolaccia innocente, ad esempio, o indossare qualcosa di diverso dalle sue abituali (e obbligate) lunghe vesti rigorosamente in lana e cotone. Ma Carrie è anche vittima delle angherie e delle vessazioni perpetue dei suoi compagni del liceo.
Insomma, Carrie è una Vittima con la maiuscola, e su questo non ci piove. Però Carrie ha un dono: riesce a muovere gli oggetti con il pensiero. Telecinesi, la chiamano. E quello che doveva essere un inaspettato atto di gentilezza da parte di una sua compagna di classe – disperatamente alla ricerca di una redenzione personale – si trasformerà in un bagno di sangue durante la notte del ballo studentesco.
Stephen King narra la storia con uno stile fluido e diretto. Pochi fronzoli o giri di parole. Integrando a intermittenza il punto di vista dei vari personaggi che vivono tra le pagine.
L’autore ha strutturato il romanzo in modo tale da far sembrare stesse raccontando un fatto di cronaca (nera), arricchendo infatti i paragrafi di stralci di libri e articoli di giornale che trattano il “caso White” come fosse un evento realmente accaduto.
Definire “Carrie” soltanto come horror sarebbe riduttivo: perché “Carrie” tratta temi (bullismo ed emarginazione sono senz’ombra di dubbio quelli più centrali) che esulano da qualsiasi genere di catalogazione.
Insomma, “Carrie” è un romanzo eterno. Un evergreen tascabile che racchiude in sé un meraviglioso connubio tra magia e talento che, nel tempo, ha poi trasformato Stephen King in un Mostro Sacro della narrativa mondiale.
ROMANZO “LA VERITÀ SUL CASO HARRY QUEBERT” DI JOËL DICKER. BOMPIANI 2013
Recensione di Simone Bocci, per Satisfiction. 4/07/21
Se dicessi solo che questo romanzo è uno dei migliori thriller al mondo, mi definirei un recensore tirchio di complimenti. Ma tanto basta per insignire “La verità sul caso Harry Quebert” del premio suggerito poc’anzi. Perché è indubbiamente così – è una certezza dogmatica sulla quale non si può discutere. Siamo d’accordo che secondo le leggi morali del «de gustibus» potrebbe esserci qualcuno che non la pensi come me, ma sono pronto a scommetterci quello che volete che gli unici a non condividere il mio stesso giudizio su questo libro siano semplicemente quei pochi che non lo hanno ancora letto.
Joël Dicker scrive un giallo deduttivo di massimo livello. Un romanzo di quasi 800 pagine che è un baule d’intrighi, misteri e saggezza. Perché “LVSCHQ” – acronimo del titolo, coniato in onor di sintesi – non è solo una storia inventata e perfettamente architettata da un giovane autore a dir poco brillante, e messa per iscritto nel miglior modo possibile rintracciabile nel multiverso dello storytelling, bensì un tesoro vero e proprio che ogni aspirante scrittore dovrebbe venerare come una personalissima Bibbia.
Lo stile che Dicker usa per raccontarci la vicenda è talmente leggero e al contempo incisivo che leggerlo è come sbadigliare: un gesto automatico. Il corpo sa già come sbadigliare senza la necessità di doverlo prima imparare; e così, anche leggere “LVSCHQ” diventa sin da subito un’azione meccanica.
La storia ruota tutt’attorno al ritrovamento del cadavere della giovanissima Nola Kellergan – ragazza scomparsa nel 1975 – rinvenuto trent’anni dopo nel giardino dell’abitazione di un (ormai) vecchio scrittore famoso, l’Harry Quebert del titolo, per l’appunto. La polizia non faticherà affatto a trasformare l’imperituro romanziere nell’indiziato principale, piazzandolo con equilibrio precario su di un filo da cucito, in bilico tra l’ergastolo e la pena di morte.
Tuttavia, in suo soccorso subentrerà Marcus Goldman, un giovane scrittore di successo che però ora soffre le doglie di un improvviso blocco creativo. Marcus avvierà un’indagine personale per scagionare il suo amico e mentore Harry, cercando di scoprire a tutti i costi la verità. Quella stessa verità che è sepolta per bene insieme ai resti decomposti di Nola Kellergan.
Se siete alla ricerca di un romanzo che resti a lungo impresso nella vostra memoria, allora “LVSCHQ” è quello giusto. In un certo senso muterà il vostro stato da lettore esterno in un ruolo atrocemente interno, fondamentale per lo svolgersi dell’indagine narrata. Perché vi catapulterà mentalmente in quei luoghi che Dicker descrive con estrema meticolosità, facendovi sentire neo-detective a tutti gli effetti; e, soprattutto, vi farà credere di poter dipanare il caso prim’ancora che ci riescano i protagonisti stessi.
Detto in modo chiaro e inequivocabile, il romanzo “La verità sul caso Harry Quebert” è un capolavoro. E si prenderà gioco di voi, sogghignando divertito ogni volta che azzarderete ipotesi affrettate ed erronee.